20 gennaio 2010

Il pronto soccorso scoppia: ecco la prova che il sistema non funziona

La domanda si trascina senza risposte da anni, mentre a Chieti, come altrove, il Pronto Soccorso scoppia e i cittadini si lamentano fortemente per le lunghe attese nelle sale d'aspetto.
Qui i codici bianchi e quelli verdi commentano duramente i disservizi della sanità, sopportano a malapena che i codici rossi abbiano la precedenza e dimenticano che forse il loro “star male” poteva essere risolto dal Medico di famiglia.

DURANTE LE FESTE IL PRONTO SOCCORSO INGOLFATO

Ma è proprio così? Dicevamo del calendario.
Quest'anno a Natale si sono mesi in fila almeno 4 giorni di chiusura degli studi medici: giovedì 24 prefestivo, 25 Natale, 26 sabato, 27 domenica.
Ed anche a Capodanno la sequenza è stata la stessa: giovedì 31 era prefestivo, l'1 venerdì festa, 2 sabato, 3 domenica.
Ma le malattie non sono andate in ferie tanto che proprio in quei giorni (casualmente?) il Pronto soccorso dell'ospedale di Chieti ha rischiato di andare in tilt per l'aumento improvviso della richiesta di prestazioni: 213 il giorno 28 (dopo i 4 giorni di chiusura degli studi medici) e 180 il 29 dicembre.
Lo stesso è capitato a Capodanno: 205 prestazioni sabato 2 gennaio e 186 lunedì 4. Dicevano gli antichi: “post hoc, propter hoc”.
Cioè se un fatto capita dopo un altro, probabilmente capita a causa di questo.
C'è, dunque, un collegamento diretto tra il Pronto soccorso che scoppia e gli studi medici chiusi.
E più in generale, c'è un rapporto tra l'ospedale ingolfato di ricoveri e la mancanza o l'insufficienza di filtro da parte del territorio.
Detto in altre parole e a scanso di equivoci, non solo i Medici di medicina generale (i cosiddetti mutualisti) sembrano “colpevoli”: sullo stesso piano di inefficienza rispetto al ricorso alle cure del Pronto soccorso o al ricovero ospedaliero ci sono la Guardia medica e le liste d'attesa interminabili.
E', infatti, molto probabile che chi deve aspettare sei mesi per una visita specialistica, una radiografia o un consulto cerchi la scorciatoia del Pronto soccorso.
Un altro imputato, almeno a Chieti, è il sistema viario: secondo le rilevazioni ufficiali, il 35% dei codici rossi, verdi o bianchi provengono dalle altre Asl, quella di Pescara in particolare.
Corre a Chieti il malato di Manoppello, di Scafa o di Cepagatti.

LA MEDICINA TERRITORIALE NON FA FILTRO

Dunque, a quanto risulta, se la risposta del territorio (non solo i Medici dunque) non è adeguata, il cittadino corre in ospedale.
Lì è sicuro di trovare un medico h24 ed una risposta immediata.
Ma di questo non sembra occuparsi chi gestisce la sanità.
Eppure il Fondo sanitario nazionale prevede questa divisione dei fondi a disposizione: il 45% al settore ospedaliero, il 48% al territorio, il 7% alla prevenzione (dove sono inseriti per esempio anche i veterinari, il 118 e gli uffici vaccinali).
Da un approccio solo ragionieristico, scopriamo però che in Abruzzo l'ospedale assorbe il 60% delle risorse, cioè ben un 15% in più del dovuto, proprio attingendo dai fondi che dovrebbero essere destinati al territorio.
Cosa che non avviene, con una serie di problemi a cascata: mentre il Pronto soccorso scoppia di codici verdi e bianchi che rendono difficile anche l'assistenza ai codici rossi (i traumi importanti, gli infarti ecc.), la medicina del territorio ha pochi fondi, i reparti con più ammalati erogano un'assistenza di minore qualità, i cittadini sono scontenti e non soddisfatti delle cure.
Anche perché la Guardia medica (oggi non si chiama più così: ci sono i “Medici di continuità assistenziale”, che entrano in servizio quando chiudono gli studi privati) anche per il tipo di risposta che offre al cittadino, non viene valutata come un'alternativa al Pronto soccorso.
E chi sta male nei giorni prefestivi o festivi bypassa sia il medico di famiglia che quello della continuità assistenziale, due figure stranamente assenti in Abruzzo nella realizzazione di accordi che nelle altre regioni “virtuose” hanno conseguito risultati interessanti nella diminuzione dei ricoveri ospedalieri e quindi nella spesa sanitaria complessiva.
Invece in Abruzzo si sommano le spese per i mutualisti a quelle della continuità assistenziale (un contratto della Guardia medica costa 2500 euro al mese per un paio di giorni di lavoro settimanale) per ottenere un eccesso di ricoveri. La strada del risparmio sarebbe dunque quella di riportare sul territorio il 15% sottratto, invece di tagliare i servizi o di far allungare le liste di attesa.

VIA L'UTAP, LA NUOVA FRONTIERA DELL'ASSISTENZA MEDICA LOCALE È L'UCP

Riuscirà la nuova dirigenza regionale (il commissario Gianni Chiodi e i sub commissari Giovanna Baraldi e Giancarlo Rossini) ad invertire la rotta? Sarà dura, soprattutto dopo l'unificazione territoriale delle Asl di Chieti e Lanciano e con l'aumento dei Distretti e dei Dipartimenti esistenti (cioè molti generali e colonnelli e pochi soldati: mancano infatti medici ed infermieri), con i debiti della cartolarizzazione il cui mutuo scade nel 2015.
Dopo il fallimento dell'esperienza Utap, cioè della possibilità dei medici di famiglia di mettersi insieme per assicurare l'assistenza tutto il giorno, oggi va di moda un'altra sigla: l'Ucp, l'unità di cure primarie, che dovrebbe evitare gli errori dell'Utap.
Per fare un esempio, a Guardiagrele alcuni medici di base si erano messi insieme ed avevano chiesto addirittura di essere ospitati nel locale ospedale.
Ma l'esperienza è fallita, perché la presenza dei soli medici di famiglia in pratica trasformava l'ospedale in Rsa, cioè in una residenza sanitaria dove c'era solo l'assistenza generica, senza quella specialistica.
Ma è fallita anche perché l'Utap si stava trasformando in un grande affare solo per i medici e non per i pazienti.
Infatti, un mutualista con 1500 assistiti deve svolgere 4 ore di ambulatorio al giorno per 5 giorni, cioè 20 ore settimanali.
Se una Utap riunisce 5 di questi medici, il monte ore comune dovrebbe essere di 100 ore (20 per 5 medici).
Invece se l'Utap è aperta 5 giorni per 12 ore al giorno (8-20) le ore di assistenza assicurate, alla fine risultano solo 60, mentre i medici continuano a guadagnare lo stesso ed hanno pure gli altri incentivi per aver creato questa struttura. E aumentando il numero dei medici, diminuisce proporzionalmente l'impegno orario di ciascuno, il che non è proprio il massimo del risultato assistenziale per i cittadini. Ora invece, nell'Ucp ci saranno medici mutualisti e pediatri, guardia medica notturna e specialisti. In pratica, almeno o sulla carta, questa sembra essere una risposta più completa alla domanda di sanità del cittadino.

SULLA FINE DELLE LISTE D'ATTESA SI GIOCA LA CREDIBILITÀ DEL MANAGER

E le liste d'attesa?
Chi è in grado di tagliare i mesi, a volte gli anni, per una visita specialistica? Quasi tutti i Direttori generali in passato hanno presentato piani per tagliare le liste, ma i manager sono passati e le liste sono sempre lì a testimoniare il corto circuito dell'assistenza.
Saprà l'ultimo nominato lasciare un segno in questo campo? Senza farsi tentare dall'interpretazione che queste liste nel pubblico sono un modo subdolo per favorire il privato (nella cliniche convenzionate il fenomeno è quasi assente del tutto) e che comunque gli studi privati anche senza convenzione rispondono rapidamente alla richiesta di visita (basta pagare), forse anche le liste potrebbero diminuire se ci fossero più medici.
Ma questo è un altro problema che dipende dal tetto di spesa per il personale imposto dal Piano di rientro. In attesa che il criterio adottato per rispettare il Piano non sia solo quello ragionieristico-aritmetico, ma che abbia qualche senso strategico, il Pronto soccorso di Chieti questi giorni è meno ingolfato. Non ci sono giorni festivi infrasettimanali in vista.

2 commenti:

  1. bravi dopo tanto tempo ve ne siete accorti?

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  2. carissimo pronto soccorso ingolfato, perchè non somma le prestazioni di guardia medica medica (che sicuramente non conosce) fatte durante quel periodo dalle varie sedi e le sommi alle vostre prestazioni e poi ne parliamo.
    medico di guardia ingolfato

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