16 aprile 2012

Ridisegnate 'cure primarie', assistenza integrata e su misura

Roma, 13 apr. (Adnkronos Salute) - Nascono le nuove 'cure primarie' che puntano, in particolare, sull'assistenza integrata (ospedale-territorio), 'su misura', ovvero modulata su una offerta di diversa intensità a secondo le esigenze del paziente, sul lavoro in squadra dei medici e su una maggiore appropriatezza delle cure. A ridisegnare l'assistenza territoriale il documento comune tra sindacati e ministero della Salute che oggi hanno chiuso il tavolo tecnico dedicato al riordino del settore e all'integrazione ospedale-territorio.

"Il documento comune, che ha chiuso i lavori, recepisce le proposte dei diversi sindacati e associazioni di categoria riuniti al tavolo e ne rappresenta una sintesi", spiega Silvestro Scotti, vice segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg ) che ha partecipato all'incontro di oggi e che si dichiara soddisfatto per i risultati raggiunti per la modifica dell'articolo 8 della legge 502 ( che norma appunto l'assistenza territoriale). "Sono stati recepiti - spiega Scotti all'Adnkronos Salute - alcuni capisaldi che noi abbiamo sostenuto. Come il ruolo unico e l'accesso unico del medico all'area convenzionata della medicina generale e la modulazione del compenso con l'individuazione delle quote (e dei meccanismi di finanziamento) della prestazione professionale rispetto agli altri fattori di 'produzione' (personale di studio, attrezzature, spese)".

In generale il documento indica alcuni obiettivi da perseguire: presa in carico del paziente modulata su livelli di intensità assistenziale attraverso l'integrazione delle figure professionali; appropriatezza delle cure; riorganizzazione dell'assistenza territoriale, con l'incentivazione di forme evolute di aggregazione dei professionisti; promozione della sanità d'iniziativa, ovvero della proposta attiva delle cure.

Queste tutte le indicazioni del documento: 1) Ruolo unico ed accesso unico per tutti i professionisti medici nell'ambito della propria area convenzionale (medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali) per far fronte alle esigenze di continuità assistenziale, di organizzazione e gestione, di prestazioni strumentali, di coordinamento informativo, di specifiche competenze cliniche richieste.

2) Integrazione mono-professionale e multi-professionale per favorire l'integrazione ed il coordinamento operativo tra i medici di medicina generale in tutte le loro funzioni, i pediatri di libera scelta, gli specialisti ambulatoriali, anche attraverso la costituzione di aggregazioni funzionali territoriali (Aft) e Unita' complesse cure primarie (Uccp), nonché valorizzare l'integrazione tra i medici convenzionati ed i medici dipendenti, attraverso l'istituzionalizzazione di tavoli aziendali e regionali, facilitando l'intero percorso di cura del paziente.

3) Ristrutturazione del compenso prevedendo una distinzione delle fonti e dei meccanismi di finanziamento destinati alla remunerazione dell'attività professionale (prevalentemente definite e quantificate a livello nazionale) da quelle necessarie ad acquisire i fattori di produzione (attrezzature, personale, spese di gestione, spese automezzo, ecc.).

4). Sviluppo dell'ICT (Information and Communication Tecnology) che rappresenta uno strumento irrinunciabile sia per l'aggregazione funzionale sia per l'integrazione delle cure territoriali e ospedaliere ai fini di servizio, gestionali e di governo clinico.

5) Riorganizzazione del sistema di emergenza ed urgenza per garantire una continuità tra ospedale e territorio, evidenziando la necessità del passaggio alla dipendenza dei medici di emergenza sanitaria o comunque l'esigenza di una univocità di ruolo giuridico e contrattuale dei medici operanti nei servizi di emergenza.

6) Definire i percorsi formativi in maniera funzionale ai ruoli operativi specifici nell'ambito dell'integrazione professionale senza determinare sovrapposizioni, concorrenzialità o utilizzo in funzioni improprie. Rimodulare il percorso formativo per facilitare l'inserimento nel mondo del lavoro dei giovani medici, completando lo stesso nelle strutture sanitarie ospedaliere e territoriali, comprese le forme organizzative evolute della medicina generale e della pediatria di famiglia, ad integrazione e perfezionamento del percorso universitario. Favorire lo sviluppo dei percorsi assistenziali ospedale-territorio per garantire la formazione continua dei medici anche attraverso processi formativi integrati che prevedono la partecipazione dei medici dipendenti e dei medici convenzionati

Salvatore Ghiggi

13 aprile 2012

Cgil fuori dalla storia e dal tempo

La polemica che alcuni esponenti della CGIL tentano di portare avanti ha ormai superato i limiti del risibile ed è la prova più eclatante della loro totale mancanza di conoscenza del sistema della Continuità Assistenziale.

Evidentemente fermi a vecchi stereotipi del passato, non hanno conoscenza di alcuni particolari di non scarso rilievo che riguardano l’area che dichiarano di voler difendere e rappresentare.

Come già da qualche anno testimoniano i dati ENPAM, il 50% dei medici di continuità assistenziale attualmente in servizio è già medico di medicina generale.

Questa quota si incrementa di circa il 5% ogni anno mentre si riduce, da parte di questi medici con doppio incarico, il tasso di abbandono del servizio di guardia medica.

Quest’ultimo dato testimonia un maggiore interesse di questi colleghi al mantenimento dell’incarico di guardia medica più che alla proiezione verso l’assistenza primaria.

I motivi di questa scelta sono oggetto di studio e sembrano legati essenzialmente ad aspetti vocazionali, economici, alla difficoltà di concorrenza sulle scelte in aree già stabilizzate, alla riduzione dell’attrattiva del ruolo del medico di famiglia oberato da carichi burocratici e di responsabilità amministrativa più che da compiti clinici.

FIMMG Continuità Assistenziale sta monitorando le caratteristiche dei medici operanti in Guardia Medica ormai da anni.

Dai dati in nostro possesso appare chiaro che attualmente il servizio è gestito al 15% con incarichi provvisori determinati dalla riduzione dei medici e dai tempi di attesa che si realizzano tra l’inserimento in graduatoria e l’attribuzione dell’incarico definitivo.

Dall’abolizione della guardia medica tali medici ricaverebbero solo la perdita del posto di lavoro per quanto provvisorio.

Esiste poi un altro 10 % che, sulla base di specifici accordi regionali, detiene già incarichi con completamento orario a 38 ore settimanali.

Questi medici sembrano poco interessati a una evoluzione nell’area della medicina generale che li porterebbe alla battaglia per la concorrenza sulle scelte e che ne ridurrebbe immediatamente la redditualità oltre a non garantire in prospettiva appropriatezza di cure.

Un ulteriore 15% è rappresentato da medici che affiancano all’attività di continuità assistenziale attività libero professionale o compatibile, grazie dal possesso di una specializzazione; questi ultimi avendo stabilizzato il loro reddito complessivo nell’ambito di queste due attività, una pubblica e l’altra privata, non intendono variare il loro stato e appaiono i più refrattari al cambiamento.

In conclusione appare chiaro che nell’arco di pochi anni il restante 10 % si troverà nella condizione di poter ottenere l’accesso alle funzioni di medico di medicina generale e che, pertanto il sistema risolverà da solo quanto la CGIL tenta di risolvere in maniera declaratoria senza analisi di contesto e evidentemente parlando di cose che non conosce oppure, alla luce dei documenti sul ruolo nelle cure primarie di professionisti non medici in discussioni sui tavoli Regioni Ministero, ha già in mente di assegnare tali funzioni a qualcun altro.