Secondo Scotti, per risolvere il problema “i videocitofofoni, le guardie giurate e gli altri strumenti di sorveglianza, soprattutto in alcune sedi isolate servono a poco. Quello che serve davvero è che i medici della continuità assistenziale abbiano la conoscenza e la consapevolezza del paziente che hanno di fronte. Ma per questo è indispensabile avviare una stretta collaborazione tra i medici di famiglia e quelli della continuità assistenziale. Speriamo - conclude Scotti - che in sede di rinnovo contrattuale, una volta chiusa la parte economica, si affrontino questi problemi”.