3 novembre 2009

I medici di base scendono in trincea "Visite alle stelle, è l'effetto pandemia"

Contro la psicosi in Lombardia vademecum per identificare il virus
L'assalto nelle Asl e Guardie mediche: in ambulatorio visite in crescita del 20 per cento


Starnuti. Tosse. Occhi rossi. Decine di bambini coperti all'inverosimile. Chi ha la febbre. Chi la mascherina che copre il naso e la bocca. I genitori hanno l'ansia disegnata in faccia e i gel igienizzanti nella borsa. Ognuno cataloga ossessivamente i sintomi dei figli. Pomeriggio nell'ambulatorio pediatrico di una popolosissima Asl romana. I riscaldamenti sono al massimo, i ragazzini sudano e la minuscola sala d'aspetto si trasforma in breve in una "serra" ad alto tasso di virus e contagi. Le domande girano, la paura è palpabile. "Il vaccino è sicuro? Può creare danni neurologici? E se un bambino è allergico? Possiamo mandarli a nuoto?".

L'ambulatorio è un concerto di colpi di tosse e soffiate di naso. Così finisce che le mamme spalancano le porte e i bambini si disperdono, ben contenti, tra scale e pianerottoli in attesa del loro turno. Dalle tasche escono macchinette, pupazzi, giochi. Saltano sciarpe e cappelli. Avanti il prossimo. Alle nove di sera, disfatta, la pediatra, Annalisa Felici, 25 anni di esperienza alle spalle, fa il bilancio: "Dalle 10 del mattino ho visitato trenta bambini, di cui 4 neonati. In almeno tre casi, quelli con la temperatura più alta, credo che i sintomi fossero quelli dell'influenza A. Ma senza alcuna complicazione. Per gli altri semplici febbri e raffreddamenti. Soltanto per una bambina di 4 anni, con una lieve malformazione cardiaca, ho chiesto che venissero fatti subito maggiori accertamenti in ospedale. I genitori mi hanno chiamato poco fa dicendomi che la piccola è stata ricoverata e che sarà vaccinata in tempi brevi... ".

Cronaca dei primi giorni di pandemia annunciata, con la paura che sale e le famiglie che si sentono smarrite, mentre gli studi dei medici di famiglia e dei pediatri si trasformano in fortini assediati, e a nulla valgono le raccomandazioni, "telefonate, prendete appuntamento, non vi affollate...". Ai primi sintomi di febbre la corsa è qui, nei presidi di quartiere, "dottore mi senta i polmoni", "ho mal di gola, devo fare il tampone?", "me lo farà lei il vaccino", "mio figlio respira male, ha l'influenza A?". Da tutti la richiesta pressante: "Vogliamo il vaccino", anche se proprio ieri Pasquale Di Pietro, presidente della Società Italiana di Pediatria, ha ribadito che "non c'è alcuna esigenza perché i bambini sani vengano vaccinati, ma è urgente invece che vengano rapidamente vaccinati i bambini e gli adolescenti che rientrano nelle categorie a rischio".

Una tensione che cresce, che rasenta la psicosi collettiva, soprattutto dopo le prime notizie dei bimbi che non ce l'hanno fatta, mentre l'influenza stagionale confonde i sintomi e le idee. "Abbiamo avuto un aumento del carico di lavoro in ambulatorio di oltre il 20% e di quello telefonico del 40% - spiega Fiorenzo Corti, portavoce della Federazione italiana medici di famiglia - nel giro di due settimane il numero dei pazienti dei nostri studi in tutta Italia è passato dai due milioni dei "giorni normali", ai tre milioni di queste settimane. E il nostro ruolo è davvero delicato, ormai alla prima comparsa della febbre i pazienti telefonano o si precipitano nello studio, tutti vogliono sapere se sono categorie a rischio". E il panico cresce ancor di più se è sabato, se l'ambulatorio del medico di famiglia è chiuso, e magari è notte.

Così la nuova trincea diventa quella della Guardia Medica, come racconta Tommasa Maio, segretario del settore Continuità Assistenziale della Lombardia. "Da tre settimane siamo sotto assedio, riceviamo centinaia di chiamate ogni notte, la gente ha veramente paura, è confusa. Tanto che proprio per poter offrire un servizio migliore abbiamo preparato un manuale, un vademecum da distribuire in tutti i presidi di Guardia Medica, in continuità appunto con il lavoro che fanno i medici di famiglia. Un manuale che contiene la precisa descrizione dei sintomi dell'influenza A, dei criteri di ospedalizzazione, per poter fin da subito fare uno screening dei casi. Perché il nostro lavoro è quello di individuare e di garantire le priorità, le situazioni più urgenti, quelle più a rischio, soprattutto in questi giorni in cui la gente è disorientata, ha paura". Con calma e pazienza, i medici dei centri vaccinazioni delle aziende sanitarie locali rassicurano gli anziani, che alla spicciolata si affacciano e chiedono notizie. Cercando, anche, di stemperare l'angoscia. "Il vaccino arriva, ce ne sarà per tutti. Ma per adesso tocca a chi ha più malanni. Lei ha 70 anni e sta bene? E non è contento? Aspetti che verrà il suo turno, per adesso si riguardi... ".

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