28 gennaio 2010

PUBBLICATA LA GRADUATORIA DEFINITIVA DEI TRASFERIMENTI IN REGIONE CAMPANIA

Pubblicata ieri nelle news dell'Assessore alla Sanità della Regione Campania la graduatoria definitiva dei medici aspiranti al trasferimento in Regione Campania
Consultabile al sito:
http://www.regione.campania.it/portal/media-type/html/user/anon/page/TFNO_DettaglioNews.psml?itemId=1758&ibName=NotiziaArea2&theVectString=-1%2C15

20 gennaio 2010

Il pronto soccorso scoppia: ecco la prova che il sistema non funziona

La domanda si trascina senza risposte da anni, mentre a Chieti, come altrove, il Pronto Soccorso scoppia e i cittadini si lamentano fortemente per le lunghe attese nelle sale d'aspetto.
Qui i codici bianchi e quelli verdi commentano duramente i disservizi della sanità, sopportano a malapena che i codici rossi abbiano la precedenza e dimenticano che forse il loro “star male” poteva essere risolto dal Medico di famiglia.

DURANTE LE FESTE IL PRONTO SOCCORSO INGOLFATO

Ma è proprio così? Dicevamo del calendario.
Quest'anno a Natale si sono mesi in fila almeno 4 giorni di chiusura degli studi medici: giovedì 24 prefestivo, 25 Natale, 26 sabato, 27 domenica.
Ed anche a Capodanno la sequenza è stata la stessa: giovedì 31 era prefestivo, l'1 venerdì festa, 2 sabato, 3 domenica.
Ma le malattie non sono andate in ferie tanto che proprio in quei giorni (casualmente?) il Pronto soccorso dell'ospedale di Chieti ha rischiato di andare in tilt per l'aumento improvviso della richiesta di prestazioni: 213 il giorno 28 (dopo i 4 giorni di chiusura degli studi medici) e 180 il 29 dicembre.
Lo stesso è capitato a Capodanno: 205 prestazioni sabato 2 gennaio e 186 lunedì 4. Dicevano gli antichi: “post hoc, propter hoc”.
Cioè se un fatto capita dopo un altro, probabilmente capita a causa di questo.
C'è, dunque, un collegamento diretto tra il Pronto soccorso che scoppia e gli studi medici chiusi.
E più in generale, c'è un rapporto tra l'ospedale ingolfato di ricoveri e la mancanza o l'insufficienza di filtro da parte del territorio.
Detto in altre parole e a scanso di equivoci, non solo i Medici di medicina generale (i cosiddetti mutualisti) sembrano “colpevoli”: sullo stesso piano di inefficienza rispetto al ricorso alle cure del Pronto soccorso o al ricovero ospedaliero ci sono la Guardia medica e le liste d'attesa interminabili.
E', infatti, molto probabile che chi deve aspettare sei mesi per una visita specialistica, una radiografia o un consulto cerchi la scorciatoia del Pronto soccorso.
Un altro imputato, almeno a Chieti, è il sistema viario: secondo le rilevazioni ufficiali, il 35% dei codici rossi, verdi o bianchi provengono dalle altre Asl, quella di Pescara in particolare.
Corre a Chieti il malato di Manoppello, di Scafa o di Cepagatti.

LA MEDICINA TERRITORIALE NON FA FILTRO

Dunque, a quanto risulta, se la risposta del territorio (non solo i Medici dunque) non è adeguata, il cittadino corre in ospedale.
Lì è sicuro di trovare un medico h24 ed una risposta immediata.
Ma di questo non sembra occuparsi chi gestisce la sanità.
Eppure il Fondo sanitario nazionale prevede questa divisione dei fondi a disposizione: il 45% al settore ospedaliero, il 48% al territorio, il 7% alla prevenzione (dove sono inseriti per esempio anche i veterinari, il 118 e gli uffici vaccinali).
Da un approccio solo ragionieristico, scopriamo però che in Abruzzo l'ospedale assorbe il 60% delle risorse, cioè ben un 15% in più del dovuto, proprio attingendo dai fondi che dovrebbero essere destinati al territorio.
Cosa che non avviene, con una serie di problemi a cascata: mentre il Pronto soccorso scoppia di codici verdi e bianchi che rendono difficile anche l'assistenza ai codici rossi (i traumi importanti, gli infarti ecc.), la medicina del territorio ha pochi fondi, i reparti con più ammalati erogano un'assistenza di minore qualità, i cittadini sono scontenti e non soddisfatti delle cure.
Anche perché la Guardia medica (oggi non si chiama più così: ci sono i “Medici di continuità assistenziale”, che entrano in servizio quando chiudono gli studi privati) anche per il tipo di risposta che offre al cittadino, non viene valutata come un'alternativa al Pronto soccorso.
E chi sta male nei giorni prefestivi o festivi bypassa sia il medico di famiglia che quello della continuità assistenziale, due figure stranamente assenti in Abruzzo nella realizzazione di accordi che nelle altre regioni “virtuose” hanno conseguito risultati interessanti nella diminuzione dei ricoveri ospedalieri e quindi nella spesa sanitaria complessiva.
Invece in Abruzzo si sommano le spese per i mutualisti a quelle della continuità assistenziale (un contratto della Guardia medica costa 2500 euro al mese per un paio di giorni di lavoro settimanale) per ottenere un eccesso di ricoveri. La strada del risparmio sarebbe dunque quella di riportare sul territorio il 15% sottratto, invece di tagliare i servizi o di far allungare le liste di attesa.

VIA L'UTAP, LA NUOVA FRONTIERA DELL'ASSISTENZA MEDICA LOCALE È L'UCP

Riuscirà la nuova dirigenza regionale (il commissario Gianni Chiodi e i sub commissari Giovanna Baraldi e Giancarlo Rossini) ad invertire la rotta? Sarà dura, soprattutto dopo l'unificazione territoriale delle Asl di Chieti e Lanciano e con l'aumento dei Distretti e dei Dipartimenti esistenti (cioè molti generali e colonnelli e pochi soldati: mancano infatti medici ed infermieri), con i debiti della cartolarizzazione il cui mutuo scade nel 2015.
Dopo il fallimento dell'esperienza Utap, cioè della possibilità dei medici di famiglia di mettersi insieme per assicurare l'assistenza tutto il giorno, oggi va di moda un'altra sigla: l'Ucp, l'unità di cure primarie, che dovrebbe evitare gli errori dell'Utap.
Per fare un esempio, a Guardiagrele alcuni medici di base si erano messi insieme ed avevano chiesto addirittura di essere ospitati nel locale ospedale.
Ma l'esperienza è fallita, perché la presenza dei soli medici di famiglia in pratica trasformava l'ospedale in Rsa, cioè in una residenza sanitaria dove c'era solo l'assistenza generica, senza quella specialistica.
Ma è fallita anche perché l'Utap si stava trasformando in un grande affare solo per i medici e non per i pazienti.
Infatti, un mutualista con 1500 assistiti deve svolgere 4 ore di ambulatorio al giorno per 5 giorni, cioè 20 ore settimanali.
Se una Utap riunisce 5 di questi medici, il monte ore comune dovrebbe essere di 100 ore (20 per 5 medici).
Invece se l'Utap è aperta 5 giorni per 12 ore al giorno (8-20) le ore di assistenza assicurate, alla fine risultano solo 60, mentre i medici continuano a guadagnare lo stesso ed hanno pure gli altri incentivi per aver creato questa struttura. E aumentando il numero dei medici, diminuisce proporzionalmente l'impegno orario di ciascuno, il che non è proprio il massimo del risultato assistenziale per i cittadini. Ora invece, nell'Ucp ci saranno medici mutualisti e pediatri, guardia medica notturna e specialisti. In pratica, almeno o sulla carta, questa sembra essere una risposta più completa alla domanda di sanità del cittadino.

SULLA FINE DELLE LISTE D'ATTESA SI GIOCA LA CREDIBILITÀ DEL MANAGER

E le liste d'attesa?
Chi è in grado di tagliare i mesi, a volte gli anni, per una visita specialistica? Quasi tutti i Direttori generali in passato hanno presentato piani per tagliare le liste, ma i manager sono passati e le liste sono sempre lì a testimoniare il corto circuito dell'assistenza.
Saprà l'ultimo nominato lasciare un segno in questo campo? Senza farsi tentare dall'interpretazione che queste liste nel pubblico sono un modo subdolo per favorire il privato (nella cliniche convenzionate il fenomeno è quasi assente del tutto) e che comunque gli studi privati anche senza convenzione rispondono rapidamente alla richiesta di visita (basta pagare), forse anche le liste potrebbero diminuire se ci fossero più medici.
Ma questo è un altro problema che dipende dal tetto di spesa per il personale imposto dal Piano di rientro. In attesa che il criterio adottato per rispettare il Piano non sia solo quello ragionieristico-aritmetico, ma che abbia qualche senso strategico, il Pronto soccorso di Chieti questi giorni è meno ingolfato. Non ci sono giorni festivi infrasettimanali in vista.

17 gennaio 2010

Grazie alla guardia medica italiana, altro che Florida

Pubblicato sul "http://www.corriere.it/solferino/severgnini/" una lettera che inviatami dal Dr. Domenico Crisarà merita la possibilità di essere messa a conoscenza di tanti operatori che forse al mattino si chiedono perchè e se hanno svolto utilmente il loro lavoro, ma anche di essere portata all'attenzione di tanti che usano questo servizio e non ne comprendono pienamente l'utilità.

"Cari Italians,
rientro in Italia dalla Florida per passare le feste di Natale con la famiglia. Con me e mia moglie arriva un virus intestinale che ci mette tutti a letto per tre giorni. Chiamo la guardia medica (Gallarate e Somma Lombardo). Personale gentilissimo, un medico che risponde direttamente (senza passare da tanti messaggi pre-registrati), spiegazioni dettagliate, invito a richiamare se necessario: il tutto senza pagare un euro. Non mi hanno nemmeno chiesto come mi chiamavo.
Ho detto a mia moglie: ti immagini la stessa cosa in Florida? Qui i medici generici ricevono solo per appuntamento. Nessun medico dà informazioni, né per telefono né di persona, prima di aver fatto firmare tutta una serie di documenti legali al paziente. Al pronto soccorso, se non stai proprio per morire, ti mettono in attesa per un'ora come minimo, poi ti danno qualche medicina per curare i sintomi e qualche giorno dopo ti arriva un conto di qualche centinaio di dollari. L'assicurazione medica (se ce l'hai) paga di solito attorno al 90%. Morale, se hai mal di pancia, ti conviene tenertelo e aspettare che passi da solo. Sicuramente esistono altre professioni in Italia che vengono sottopagate e funzionano solo grazie al senso del dovere dei singoli. Sentiamo spesso di gravi errori dei medici italiani. Ma onore al sistema e al personale della guardia medica.

Giorgio Turri, gturri@hotmail.com"

15 gennaio 2010

In piazza per difendere il Poliambulatorio

I medici laziali in rivolta contro l'annunciata chiusura dell'ex guardia medica di via Canova. Oggi, spiegano i rappresentanti del Sindacato Medici Italiani del Lazio, verrà chiuso il servizio notturno di continuità assistenziale ubicato presso il Poliambulatorio. «I circa 50mila cittadini, residenti nel centro storico, verranno così privati di un altro servizio indispensabile per la salute, con l'ulteriore aggravio della mancanza di altri punti sanitari, sottolineano allo Smi, che minaccia di «scendere in piazza in difesa del servizio sospeso». «È una decisione che ci lascia basiti - afferma Paolo Marotta, dello Smi-Lazio - Purtroppo si tratta di un ulteriore impoverimento di strutture sanitarie fondamentali per i cittadini. Basti pensare che, a seguito della chiusura dell'ospedale San Giacomo, che gestiva centinaia di codici rossi, il Poliambulatorio di via Canova è l'unico punto di riferimento per l'utenza che, a partire da oggi, non potrà più far riferimento sulla continuità assistenziale dalle ore 20 alle 8. Motivo per cui verranno ulteriormente ingolfati i pronto soccorso dei nosocomi attigui (Santo Spirito, Fatebenefratelli-Isola Tiberina, Umberto I e San Giovanni). Stesso discorso per il presidio territoriale del nuovo Regina Margherita. Lo Smi-Lazio affiancherà, dunque, l'Idv nella persona dell'onorevole Stefano Pedica e tutte le altre sigle sindacali in un sit-in di protesta contro la chiusura del succitato servizio». Immediata la replica del consigliere regionale Pd, Augusto Battaglia: «Vorrei rassicurare l'onorevole Pedica, e con lui il Smi, e precisare che la chiusura del servizio notturno del presidio di via Canova, prevista per il 1° febbraio, non provocherà alcun indebolimento nella rete sanitaria in quanto il servizio proseguirà all'interno del centro storico, presso il Nuovo Regina Margherita. È una misura compresa all'interno di quel processo di riorganizzazione e rafforzamento dei servizi sanitari regionali e del Centro della Capitale che in questi anni ha già visto l'apertura dei nuovi presidi del Sant'Anna e di via Luzzatti e che, a breve, porterà all'apertura dei cantieri per la ristrutturazione del nuovo San Giacomo. L'attivazione del servizio H24 di via Canova era stata decisa, in via sperimentale, dopo la chiusura del San Giacomo, con l'esplicita determinazione di verificarne il tasso di utilizzo nelle ore notturne da parte dei residenti e che, proprio la scarsità di ricorso al servizio, ha indotto, dopo un anno, a deliberarne la sospensione».

14 gennaio 2010

Le negano la pillola del giorno dopo e lei denuncia la Asl

TERAMO. Ha trascinato la Asl in tribunale con l’a ccusa di non averle dato la pillola del giorno dopo. Per questo ha dovuto affrontare una maternità non voluta: ora una donna di 37 anni chiede che l’azienda sanitaria di Teramo le paghi un risarcimento danni di mezzo milione di euro. La seconda udienza davanti al giudice civile, in programma ieri, è stata aggiornata a maggio.

La donna, residente in una cittadina della costa vibratiana, è rappresentata dall’avvocato Felice Franchi del foro di Ascoli, mentre l’azienda sanitaria si è affidata all’a vvocato Bruno Massucci. La donna, oltre alla maternità non voluta, ha dovuto far fronte anche alla decisione del partner di non riconoscere il bambino che è nato da quel rapporto sessuale.

LA STORIA. Tutto inizia tre anni fa, quando durante un rapporto sessuale all’uomo che è con la donna si rompe il preservativo, causando così la dispersione del liquido seminale. Quando la giovane si accorge della lacerazione del profilattico, inizia una sorta di pellegrinaggio tra strutture sanitarie e ambulatori medici, per chiedere la pillola del giorno dopo ed interrompere così quella gravidanza non programmata. Per prima cosa prova a chiedere aiuto alla guardia medica di Tortoreto, che però si rifiuta di prescriverle l’anticoncezionale. Il giorno dopo, secondo quanto denunciato dalla donna nell’atto di citazione, tenta la strada del pronto soccorso dell’ospedale di Giulianova. I medici del pronto soccorso, dopo averla visitata, la indirizzano al reparto di ginecologia. Qui arriva un nuovo categorico no alla pillola. Lo stesso succede anche alla guardia medica di Giulianova dove è stata mandata dai medici. Solo dopo qualche giorno ottiene da un medico ginecologo la ricetta per l’acquisto del farmaco. Ma è troppo tardi: è trascorso troppo tempo tra l’avvenuto rapporto sessuale e l’assunzione della pillola del giorno dopo.



LA GRAVIDANZA. La donna vive 28 giorni in ansia, sperando di non essere rimasta incinta. Ma le successive analisi e il test di gravidanza non lasciano spazio ai dubbi. La 37enne dopo nove mesi partorisce un maschietto. La giovane mamma spera almeno nel sostegno economico e morale del padre del bimbo, ma l’uomo non vuole riconoscerlo. La donna, come sostiene nell’atto di citazione, deve affrontare la gravidanza da sola «subendo un danno morale, biologico, esistenziale, patrimoniale e alla vita di relazione». «Il ritardo con cui la sanità pubblica le ha prestato soccorso per interrompere la gravidanza prima della formazione del feto», si legge ancora nella denuncia presentata dalla donna, «è stato deleterio». Una omissione considerata grave dalla mamma che ha deciso di chiedere un maxi risarcimento danni alla Asl che le ha vietato la pillola del giorno dopo. Prima di ricorrere alla carta bollata, la donna ha tentato anche di ottenere in via breve un ristoro economico dalla Asl ma senza successo, visto che la sua richiesta di risarcimento non ha avuto nessuna risposta. Ha così deciso di agire con una denuncia trascinando l’ azienda sanitaria locale davanti al tribunale civile di Teramo per chiedere giustizia. Ora sarà il giudice a decidere.

6 gennaio 2010

PUBBLICATA LA GRADUATORIA REGIONALE DEFINITIVA PER LA MEDICINA GENERALE VALIDA PER L’ANNO 2010 IN REGIONE CAMPANIA

I Colleghi interessati ad incarichi di sostituzione, inseriti nella graduatoria definitiva, possono presentare domanda alle ASL ai sensi dell'AIR vigente.
La graduatoria è consultabile sul sito:

http://burc.regione.campania.it/eBurcWeb/directServlet?DOCUMENT_ID=6059&ATTACH_ID=6109